La violenza nella relazioni di coppia è un fenomeno che merita una costante attenzione e riflessione, in quanto le pagine di cronaca pullulano di notizie che raccontano episodi di violenza. Ma come siamo abituati a pensare alla violenza? Di solito ci chiediamo che cos’è che la scatena? Nell’immaginario comune gli episodi di violenza vengono interpretati come improvvisi, dettati da un raptus impossibile da controllare o prevedere. Meno comune risulta invece pensare la violenza come come lo step finale di un processo in cui il conflitto, già presente nella relazione, viene agito in modo distruttivo, in un’ottica circolare in cui quest’ultimo, in qualità di protagonista assoluto, continua a presenziare sulla scena.
Uno dei modi di pensare alla coppia è quello di pensare a due persone che hanno scelto di stare insieme perché fortemente innamorate l’uno dell’altro; protagonisti di una favola dall’epilogo “e vissero per sempre felici e contenti”. All’interno di questa atmosfera magica non c’è posto per il conflitto, elemento dal potere minatorio da combattere e distruggere. Tuttavia, quando si ritorna alla realtá, la coppia può essere chiamata a confrontarsi con momenti di tensione che fanno parte del ciclo di vita. Come si organizza la coppia rispetto ai momenti di crisi? Spesso si considera il conflitto come un elemento disgregante la coppia, o, cosa ben peggiore, non lo si considera affatto come scenario possibile all’interno di una relazione. Di fronte questa condizione sono due le possibilità quando la coppia vive un momento di tensione: da una parte, il conflitto può essere portato alla luce da uno dei due partner, che, angosciato e destabilizzato, può esasperare il conflitto stesso; dall’altra, invece, lo scenario opposto, il conflitto non viene riconosciuto o esplicitato, rimane sopito e lavora sotto la relazione, andando a minarne le basi. Entrambe queste possibilità non fanno altro che ingigantire il conflitto, rendendolo giorno dopo giorno un elemento che si fa spazio all’interno della relazione, andare a coabitare con la coppia.
Ma quando il conflitto può trasformarsi in violenza? E’ doveroso fare una distinzione tra l’uno e l’altra. Il conflitto fa parte della vita e della relazione, non ha in sé un’accezione negativa o positiva; è la coppia che gli conferisce il potere di diventare un elemento di disgregazione o piuttosto di cambiamento positivo. La violenza, invece, è tutt’altro. Etimologicamente il termine violenza deriva dal latino violare, ovvero contaminare, invadere. Quando il conflitto si tinteggia di aggressività e prevaricazione può trasformarsi in violenza. Un’azione violenta è un’azione che ha lo scopo di annullare l’altro o distruggere una parte di lui. All’interno di relazioni connotate da violenza il desiderio di far scomparire e annullare l’altro risulta prioritario rispetto al desiderio di dialogo e confronto.
Le coppie “violente” sono quelle che si organizzano secondo modalità gerarchiche, dando origine a relazioni di dominanza e sottomissione, in cui si verifica una vera e propria invasione degli spazi fisici ed emotivi dell’altro. Sono coppie incastrate rigidamente in una dinamica da cui non riescono ad uscire e che rende la violenza invisibile e quasi naturale all’interno della relazione. Uno studio di Bartholomew e colleghi del 2001 ha evidenziato che sesso le relazioni più disfunzionali sono paradossalmente quelle più stabili. Ciò che dà nutrimento alla relazione non è altro che la violenza, che si nutre di altra violenza, e così via, dando vita ad un circolo vizioso e perverso che spesso prende pieghe tragiche e irreversibili.
La violenza dunque assume un carattere totalizzante, riflettendo, a seconda di come la si guardi, varie facce che fanno parte della stessa medaglia. Esistono varie forme di violenza, quella fisica, quella psicologica, quella intrafamiliare, quella economica. Tutte sono caratterizzate dalla stessa identica cornice: il desiderio perverso di avere il controllo sull’altro, assoggettandolo.
Si potrebbe pensare che sia facile uscire da una relazione violenta; basterebbe dire semplicemente BASTA, lasciare il partner, prendere in mano la propria vita e ricominciare. Ma ricominciare da dove? La violenza porta con sé la disconferma e la squalificazione, aspetti che si attaccano addosso come delle etichette e che difficilmente abbandonano la persona vittima di violenza.
In conclusione, una via possibile, da percorrere con pazienza sarebbe quella di darsi la possibilità di trovare uno spazio protetto in cui potersi pensare in maniera diversa da quell’immagine deforme che qualcun altro ci ha cucito addosso; in altre parole, darsi la possibilità di sperimentare una relazione di fiducia in cui potersi riappropriare della propria individualità.
“La violenza non risolve i conflitti, e nemmeno diminuisce le loro drammatiche conseguenze”
Papa Giovanni Paolo II